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I luoghi di Franchetti

I luoghi di Franchetti
Il progetto fotografico, a cura di Silvia Perucchetti e Marcello Romani e promosso dall'Associazione per il Musicista Alberto Franchetti, desidera far scoprire – o riscoprire – i luoghi che hanno incrociato la storia del compositore Alberto Franchetti (Torino, 1860 – Viareggio, 1942) e della sua famiglia, localizzati sia a Reggio Emilia e provincia che in tutto il Nord Italia.

Fra i luoghi documentati, Palazzo Franchetti in via Emilia S. Stefano a Reggio (oggi sede della secondaria di primo grado “A. Manzoni”), la tenuta del Cavazzone a Viano (RE), dove il compositore trascorse molti periodi dal 1888 al 1905, ospitò personalità del calibro di Giacomo Puccini e vi compose parti delle sue opere liriche più famose; l’incantevole Belvedere in ghisa e ferro (ieri in Città, oggi affacciato sulle colline reggiane), la Tenuta Aurelia di Reggiolo e Villa Levi a Coviolo; le dimore veneziane (la Ca’ d’Oro e palazzo Franchetti-Cavalli).

Concepito come progetto a lungo termine, questo reportage desidera iniziare a raccontare per immagini la storia ‘nascosta’ della famiglia Franchetti, da un lato ben nota agli studiosi, dall’altro molto spesso sconosciuta agli stessi reggiani, abituati tuttavia a incontrarne il cognome in vie, palazzi, modi di dire.
Palazzo Franchetti a Reggio Emilia
Il Palazzo Franchetti di Reggio Emilia venne acquistato da Raimondo Franchetti sr. nel 1885. L’ingresso principale del Palazzo dà sulla via Emilia di fronte alla chiesa di S. Stefano, con ingresso secondario da via Raimondo Franchetti.
Palazzo di quattro piani, cinquantanove vani, vasto parco che includeva le Scuderie, la Cavallerizza (l’attuale palestra di Monte Pasubio), la Serra e il Belvedere, quest’ultimo trasferito poi negli anni ‘30 da Eugenio Terrachini al Cavazzone di Viano (RE) a fianco dello chalet. 
Per la ristrutturazione del Palazzo furono impiegate 200 maestranze, molte delle quali erano importanti artigiani fatti venire da Venezia.
Alla morte del Barone il Palazzo con tutte le sue pertinenze venne ereditato dai nipoti Raimondo e Guido, figli di Alberto, e nel 1921 venne venduto al Comune di Reggio Emilia, che lottizzò il parco e trasformò il Palazzo in edificio scolastico (attuale Scuola Media Manzoni).

Lo scalone ed alcune sale erano arredate con trofei di caccia ed oggetti africani che Raimondo jr. aveva collezionato durante le sue importanti esplorazioni e che verranno poi donati ai Civici Musei di Reggio dove tuttora si trovano.
La Tenuta del Cavazzone a Viano (RE)
Nel 1878 Raimondo Franchetti acquistò parecchi terreni sulle colline reggiane nei comuni di Viano, Vezzano e Albinea e vi costruì una delle più fiorenti e moderne aziende agricole dell’epoca e lo chalet, sua dimora di campagna, che la gente del luogo chiamava “la capanna del Barone”.
Qui il figlio Alberto, musicista e compositore, trascorse molti periodi dal 1888 al 1905, anno della morte del padre (quando per eredità la proprietà passò all’altro figlio di Raimondo, Edoardo, che viveva a Parigi e i cui legali nel 1919 vendettero ad Eugenio Terrachini la parte centrale della tenuta); il compositore vi ebbe come ospiti personalità del calibro di Illica, Giordano, Puccini, Mascagni, ossia il gotha del mondo musicale dell’epoca, e sempre allo chalet compose parti delle sue opere più famose, Germania e Cristoforo Colombo.
L’incantevole Belvedere in ghisa e ferro, affacciato sul morbido panorama delle colline reggiane, venne trasferito dalle pertinenze di Palazzo Franchetti in Città al fianco dello chalet negli anni ‘30 da Eugenio Terrachini. Progettato da Alessandro Sidoli, è diventato negli anni il simbolo del luogo e del territorio circostante; si trova all’interno della zona privata della tenuta e non è normalmente accessibile al pubblico.
Villa Levi-Besenzi a Coviolo (RE)
Villa Levi è una delle più singolari ville della campagna Reggiana, caratterizzata dalla presenza dell’imponente cupola metallica e del colonnato gigante nel fronte sud. Nata come residenza estiva probabilmente attorno alla prima metà del 1600 ma significativamente rimaneggiata tra il 1790 e il 1810 su commissione dei Besenzi, i primi proprietari.
Poche settimane dopo il debutto al Teatro Municipale di Reggio Emilia della sua prima opera lirica Asrael, da lui stesso diretta con grande successo internazionale (erano presenti inviati del Figaro, del Neue Freje Presse di Vienna, del Times di Londra, del Frankfurter Zeitung, ecc.), il 21 marzo 1888 Alberto Franchetti si unisce in matrimonio con la bellissima nobildonna Margherita Levi, figlia di Arnoldo, erede di una famiglia ebrea di largo censo e di illustri origini.
I giovani sposi trascorrono alcuni periodi nella splendida villa di Coviolo (“Villa Levi”), già appartenuta alla nobile famiglia Besenzi.

La villa, che nel corso degli interventi architettonici acquisì un’impronta palladiana, passò alla famiglia Levi nel 1874; all’inizio del ‘900 sono riferibili le decorazioni interne in stile Liberty. Venne poi acquisita dai Pelosi nel 1956 e dall’Università di Bologna nel 1971, che la destinò a sede del corso di Scienze della Produzione Animale.
La Tenuta Aurelia a Reggiolo (RE)
Si trova tra Reggiolo e Novellara, nella Bassa reggiana. È una eccezionale struttura architettonica rurale a corte aperta. Nel XIV secolo fu “casino di caccia” dei Bonacolsi, primi signori di Mantova, passando in seguito ai Gonzaga.
La sua denominazione si riferisce al nome del poeta Giovan Maurizio Aurelio, ospite fra 1508-1510 del vescovo Ludovico Gonzaga, che con la sua famiglia ne fece una residenza estiva trasformandola in piccola rocca con fossati, terrapieni e ponti levatoi, forse con l’intervento Giulio Romano.
L’intera tenuta, di oltre trecento ettari e arricchita da una grande aia selciata, diversi fabbricati rustici ed un caseificio, fu acquistata da Raimondo Franchetti nel 1890. Alla sua morte fu ereditata dai nipoti Raimondo e Guido, figli di Alberto e Margherita Levi.
La Ca' d'Oro a Venezia
La Ca’ d’Oro, uno dei più prestigiosi palazzi tardogotici di Venezia, ospita su due piani l’importante collezione d’arte del barone Giorgio Franchetti (1865-1922, fratello del compositore Alberto), che nel 1916 donò allo Stato italiano le sue raccolte e l’edificio stesso, dopo averne ripristinato, con ingenti restauri, lo splendore originario.
La collezione del nobiluomo, comprendente mobili, dipinti, medaglie, arazzi, bronzetti e sculture, fu ampliata nel corso degli anni – e fin dall’inaugurazione della Galleria nel 1927 – con l’annessione di opere rinascimentali provenienti da edifici religiosi soppressi o demoliti e nuclei collezionistici provenienti da altri musei statali di Venezia, mentre una nuova sezione espositiva dedicata alla ceramica veneziana ha trovato spazio, dal 1992, nell’attiguo Palazzo Duodo.
Non si esaurisce alla sola Galleria, aperta al pubblico nel 1927, la visita del palazzo, che ancora conserva, nel suo complesso, la struttura dell’antica casa fondaco veneziana. Di particolare interesse è la corte interna, con il suggestivo mosaico pavimentale in marmi antichi, realizzato dal barone stesso ad evocazione delle basiliche paleocristiane insieme a Gabriele D'Annunzio, e l’originaria vera da pozzo scolpita da Bartolomeo Bon nel 1427. Nell’atrio – a ideale custodia dell’edificio e delle sue sorti – riposano, sotto un cippo di porfido, le ceneri di Giorgio Franchetti.
(si ringrazia Galleria Giorgio Franchetti alla Ca’ d’Oro – Direzione generale Musei Veneto, su concessione del Ministero della Cultura)

Palazzo Cavalli-Franchetti a Venezia
Per i primi tre secoli, dalla metà del Quattrocento alla metà dell’Ottocento, la storia di Palazzo Franchetti è segnata dalla convivenza al suo interno di diversi rami di illustri famiglie veneziane: i Marcello, i Gussoni e i Cavalli.
Negli anni ’40 dell’Ottocento l’arciduca Federico d’Austria riunifica la proprietà e dà l’avvio ad un complesso e articolato progetto di lavori di ammodernamento che dovevano condurre il palazzo a quella caratteristica di modernità che ne costituisce una peculiarità; già nel 1847 il palazzo viene acquistato dal conte di Chambord, per la Francia legittimista Enrico V, che affiderà i lavori di restauro a Giambattista Meduna.
Nel 1878 il barone Raimondo Franchetti compra il palazzo, che resterà alla famiglia fino al settembre 1922 quando sarà ceduto all’Istituto Federale di Credito per il Risorgimento delle Venezie dalla vedova del barone, Sarah Luisa de Rothschild. A questo periodo viene associato il nome dell’architetto Camillo Boito che vi compì importanti trasformazioni progettando lo scalone monumentale.
Oggi è sede dell’Istituto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti.
L'ex Vetreria Franchetti a Murano
La Cristalleria Murano fu fabbrica di servizi da tavola in vetro bianco e in cristallo dell’isola di Murano. Era ubicata in Fondamenta Manin, dove anticamente sorgeva un monastero agostiniano, poi di monache benedettine, e infine – nel 1439 – di francescane (sotto il nome di S. Chiara).
Nel 1882 è conosciuta sotto l’insegna Vetreria Venezia e nel 1884 il barone Raimondo Franchetti risulta esserne l’unico proprietario: la ditta diviene quindi Vetreria Franchetti, e si dedica alla produzione di bicchieri e bottiglie stampate, pesciere, ampolle, saliere, candelieri, bugie, zuccheriere, vasi per fiori, boccette da toilette, fruttiere, servizi per birra e liquori, brocche, pomoli, vasi per confetti e conserve, copri formaggio e servizi mensa da bordo (alcune di queste cristallerie sono tutt'oggi conservate allo chalet del Cavazzone sulle colline reggiane anch'esso di proprietà di Franchetti).
Dopo un periodo di associazione, Giuseppe Toso acquista l’azienda e la riorganizza con il nome Cristalleria Murano; nel 1902 conta 500 dipendenti e nel 1919 diviene Società Anonima Cristalleria Murano, nome ancora visibile sulla facciata. Con gli anni ’40 arriva la grande crisi causata della nascente industria di materie plastiche; negli anni ’60 la cristalleria chiude definitivamente e nel 1977 l’area viene frazionata e venduta a diversi acquirenti.

Nonostante il luogo non sia più visibile nella forma che la cristalleria assunse all’epoca della gestione Franchetti, questo progetto fotografico intende documentare la continuità di funzione che il luogo tramanda dalla seconda metà dell’800, rimanendo tuttora centro di produzione del vetro e mostrando continue rime e rimandi concettuali, nonché dicotomie di colori ricorrenti. Tema chiave di questo piccolo reportage è il contrasto della convivenza fra grazia e purezza da un lato (il marmo bianco del portale della chiesa del monastero di S. Chiara poi riconvertito in vetreria, con incisa l’Annunciazione, «Ave Maria gratia plena»; il bianco dei lenzuoli che i veneziani stendono proprio di fronte, ‘soffiati’ dal vento, e il candore del tutto affine di teli e fasciature bianche da imballaggio, involontariamente aggraziate), e aguzza rudezza industriale dall’altro (il rosso del fuoco dei forni, ma anche dei mattoni e degli intonaci; i materiali metallici e gli spazi disadorni,  irti degli scarti appuntiti delle fabbriche, eppure arredati di fragili ed elegantissimi lampadari).
Progetto ideato, realizzato e curato da Silvia Perucchetti e Marcello Romani, 2024
Tutte le foto sono © Silvia Perucchetti e Marcello Romani

Si ringraziano: Associazione per il Musicista Alberto Franchetti, IC "A. Manzoni" e Alessandra Landini, Istituto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti e Antonio Metrangolo, Galleria Giorgio Franchetti alla Ca’ d’Oro – Direzione generale Musei Veneto (su concessione del Ministero della Cultura), Daniele Meglioli, Mariacarla Sidoli Terrachini per la disponibilità e la preziosa collaborazione
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